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      I capi piemontesi poi, che dai posti loro vegliavano attentissimi a quanto si preparava o faceva verso i confini della Francia, avevano eziandio per solleciti avvisi informato il governo dei grossi ammassamenti d'armi, di munizioni e d'uomini con cui i napoleoniani munivano le stanze loro su tutta la linea orientale dell'impero francese; il che dinotava sicuramente che macchinassero qualche insolito disegno a' danni del Piemonte, ed anzi molti segni presagire che presto dovesse valicare. N'ebbero in risposta stessero pure avvertiti; sopratutto, con somma diligenza spiassero ogni mossa dell'oste francese, e quanto altro apprestassero i napoleoniani dagli accampamenti loro.
      Per verità, era a questi tempi straordinaria la operosità dei Francesi sui confini dello Stato loro; perchè, quantunque tutte le parole di Napoleone dopo il suo ritorno dall'Elba suonassero pace, ed anzi apparisse l'imperatore desideroso di fare che l'animo dei principi inclinasse a perfetta concordia verso la Francia, non omise però le necessarie precauzioni ai siti più esposti della Savoia e del Varo per impedire che altri si recasse ad assaltarlo da quei due lati, ed egli medesimo vi stesse apparecchiato ad invadere l'Italia, sicuro di trovarvi aderenze. Aveva perciò innanzi avviato due eserciti verso le menzionate positure, forte il primo di oltre a venti migliaia di buoni soldati capitanati dal maresciallo Suchet, ed il secondo di circa quindicimila retti dal maresciallo Brune, il quale alloggiava nei luoghi più finittimi al Varo: gli uni e gli altri dovevano star pronti a rispingere od assalire, secondo i casi.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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