Sentivasi Napoleone profondamente offeso e addolorato all'operare così contrario agl'interessi della sua corona del suo più stretto congiunto; e d'altra parte pensava, non senza buon fondamento di verità, che Murat avesse in guerra perduta ogni stima del soldato francese, sempre geloso mantenitore in sommo grado dell'onor militare, e che la sua presenza nei campi per la memoria della ribellione passata e della inconsideratezza presente, avrebbe inferito più danno che vantaggio alle ragioni che imprendeva a sostenere contra Europa collegata. Ma presto sopravvenne la rotta fatale di Waterloo, ed allora molte voci da più lati si sparsero sul conto di Murat, affermando alcuni di averlo veduto aggirarsi nel mezzodì della Francia in cerca di scampo; dicendo altri, che errasse a caso, ma salvo, sulle spiagge inospitali dell'adusta Africa.
Continuava egli in questo mentre a dimorare nel distretto di Tolone, donde scrisse al re Luigi XVIII recentemente tornato in Parigi, implorando da lui con parole nè altere nè umili, quella generosità che sogliono i vincitori accordare ai vinti. Ma le dimande di re scaduto non riuscirono gradite in Parigi, e le risposte cotanto aspettate e desiderate non giunsero mai. Con tutto ciò arrivavano da ogni parte sinistre novelle alle napoleoniche sorti, e già chiaro si vedeva che il luogo che dava da più giorni ricovero a Giovacchino non era sicuro nè durevole per lui. Tumultuavano all'intorno Tolone, Marsiglia ed altre terre vicine contra gli agenti e le memorie da loro abborrite della dominazione imperiale, e con minacce e fatti ferocissimi chiedevano che prontamente si ristaurasse l'autorità dei Borboni.
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