Digià il maresciallo Brune, uno de' più valorosi guerrieri da cui più si tenga la Francia illustrata ed onorata, e che avea voce di franco partigiano di Napoleone, cadeva ucciso in Avignone per una mossa improvvisa di popolo, non avutosi dai sollevati risguardo all'età del soldato già molto oltre trascorsa, nè all'onoratezza della vita passata, nè ai servigi eminenti da lui resi alla patria. Quantunque Murat infino allora se ne fosse stato vivendo molto alla spensierata sopra di sè, udito di quei rumori insoliti e di quegli atti eccessivi, e considerando altresì che si troverebbe certamente in grandi strettezze se venisse a cadere nelle mani degl'insorti, tanto più che alcuni di loro ad arte spargevano di lui, che portasse con sè gran quantità d'oro, pietre preziose e ricchissimi arredi, se ne stava tuttavia assai dubbioso di quello che avesse da fare. Stimò pertanto prima di tutto necessario alla sua salute il tenersi cautamente guardato; scrisse dipoi nuove lettere a Fouchè, già ministro di polizia dell'imperatore Napoleone ed ora del re Luigi, richiedendolo di un passaporto per l'Inghilterra. La lettera a Fouchè non portava data di luogo, o che non si fidasse di lui, o che sospettasse per lo manco l'indiscretezza altrui. Al medesimo fine di ottenere un passaporto inglese scrisse egli ad un Maceroni, già suo uffiziale di ordinanza, noto al duca di Wellington, che il pubblico grido diceva a quel tempo venuto in Parigi a cogliervi le prime onorificenze della vittoria. Era Maceroni di origine Romano, ma nato in Inghilterra, e per le sue maniere cortesi stimato persona molto adatta a questa sorta di entrature.
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