Credeva alle liete accoglienze dei sovrani collegati, coi quali più d'una volta aveva avuto confidenti ed amorevoli colloquii; sperava nella naturale bontà del re Luigi, la quale non verrebbe meno a chi, nato francese, uso da più anni alle reggie, pervenuto ai sommi gradi della sovranità, ed ora precipitato in basso dalla contraria fortuna, in lui s'affidava. Parve opportuno al disegnato imbarco sito remoto; indicata al partire la notte, imposto il silenzio a ciascuno che lo accompagnava; allestimenti pochi e solleciti, preparata piccola nave. Ma, o tarda questa a muovere, o tardo egli a giungere, vagò la incerta nave di lido in lido, rimase Murat la intiera notte presso la spiaggia, sempre aspettando il soccorso desiderato e promesso. Altri però raccontano diversamente l'accaduto; ed affermano, che già quasi approssimatosi il legno all'asilo di Murat, in vece di avvisare per segni convenuti, si slargò d'improvviso in alto mare, spiegando tutte le vele al vento per allontanarsi. Stavano sopra la barca fuggitiva con le scarse robe del re il duca di Roccaromana, suo grande scudiere, con tre altre persone, buoni tutti, zelanti, non mai discesi alle brutture dei tradimenti, ed incapaci d'infedeltà o di studiata perfidia: onde rimangono largo campo alle conghietture, così la causa della fuga, come la qualità degli ostacoli frapposti quella notte al rinvenirsi e congiungersi.
Cominciava frattanto a spuntare la nuova luce del giorno; ed il principe, vinta la vigoria del corpo dalla stanchezza del correre, dal lungo vegliare, dai sofferti disagi dell'animo e della persona, ed in pericolo di essere ad ogni istante raggiunto dagli emissarii di La Rivière, ramingò disperando quello e l'altro giorno per boschi e vigneti.
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