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Ma necessitando i tempi che si pigliasse una risoluzione la quale facesse una volta cessare tanti e sì crudeli fastidii, Murat diede le ultime istruzioni al Galvani, e questi ai consapevoli, perchè si affrettasse la spedizione di Napoli. Nè il luogo dello sbarco era incerto, sapendo Murat, che tre mila soldati del suo esercito dopo la convenzione di Casalanza si trovavano alle stanze di Salerno ad aspettarvi inoperosi gli ordini del Borbone. Mostrarsi ad essi, esser di nuovo acclamato re, marciare alla lor testa verso la capitale rimettere l'intiero reame nella obbedienza verso di lui, parvero a quella mente immaginosa il tentativo e l'opera di pochi giorni. Difficoltà non prevedeva, pericoli non curava, le lentezze biasimava per indole vivacissima e intollerante d'ogni indugio. Ch'egli potesse ridurre così alla prima Ferdinando a disperare delle sue sorti, non sembrava veramente facile cosa; perchè, sebbene non avesse il Borbone molta fede nei soldati già compagni di Giovacchino, stavano però apparecchiati in sua difesa i Tedeschi che allora occupavano il regno con armi e potestà assai estesa; e considerata da questo lato, l'impresa non dava speranza di felice riuscita, come si poteva dapprima supporre. Ma Murat aveva in poco conto queste considerazioni, ed anzi confidava, che ad un primo romore delle sue armi molti indizii di adesione si sarebbero levati nei luoghi principali delle province soggettate, e gl'imperiali non mai avrebbero osato di mostrare il viso a quelle sollevazioni di popolo.
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