Me conoscono gli eserciti di Francia e di Europa, e sa il mondo, che con la risolutezza io ho più volte rotti e dispersi i nemici della mia patria. Non mi contrasta il giudizio de' grandi capitani della nostra età la fama di soldato invitto. Sì, certo; io avrei calpestate le ordinanze inglesi a Waterloo, o sarei morto in mezzo a loro": parole e vanti che non disconvengono all'ardore di quel valoroso, perchè inspirati dall'amore della gloria, e perchè in quel conversare magnanimo del re si conosce il fare e il sentire di tutta la sua vita: sensi da amico, spiriti da guerriero, cuor da leone.
Rifiutate in tal guisa le offerte dei confederati, tornavasene Maceroni in Francia, si confortava Murat agli allestimenti di Napoli. Volendo prima di tutto affrettare la partenza con quella maggior sollecitudine che il tempo consentiva, comandava che uffiziali e soldati stessero pronti ad un suo cenno, e prontamente ubbidissero alle voci dei capi loro, quando fossero chiamati. Quindi animando con le parole e con la solita ilarità del volto coloro che dovevano partire, il re comunicava a ciascuno quello stesso coraggio e sicurezza, da cui egli medesimo si sentiva preso in ogni sua azione.
Era la sera del dì 28 del mese di settembre. Venuta la notte, la piccola armata salpava da Ajaccio, e così imponendo il comandante supremo, drizzava il corso verso le coste di Napoli. Componevasi la spedizione di sei navi guidate da un Barbarà, Maltese di origine, stato già corsaro di sua professione, di poi per favore speciale dello stesso Murat sollevato al grado di capitano di fregata nella marina napolitana, e creato barone.
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