Quest'ultimo vi fu sempre meno influente dei bracci baronale ed ecclesiastico, che il più delle volte uniti fra loro, od anche separati, preponderavano in tutte le deliberazioni sui deputati dei comuni. Tale fu l'antica origine e la formazione del parlamento siciliano: uffizio suo principalissimo, quello conferitogli dai medesimi suoi statuti, di trattare in generale convegno degl'interessi del paese, levare e partire i tributi, avvisare che il regolare andamento di tutte le parti componenti lo Stato avesse il migliore suo effetto.
I quali parlamenti, trascurati dai re siciliani ogni qualvolta li sperimentavano renitenti od avversi, favoreggiati dalla nazione quando ne tutelavano o promuovevano i vantaggi e le franchigie, rispettati ad ogni modo dalle varie dinastie che in tempi diversi esercitarono il loro imperio sulla Sicilia, erano quivi rimasti in vigore infino al principiare del presente secolo, allorchè Ferdinando Borbone, due volte cacciato da Napoli per l'irruzione dell'armi francesi, venne a cercar ricovero in Sicilia. Incominciò allora una lotta più che decennale fra i Borboni e i Siciliani; perciocchè i primi per sovvenire alle spese d'una corte sfarzosa ed altera esigevano più che le rendite dello Stato veramente potessero dare; i secondi, irritati al dissipamento che si faceva del loro denaro, avrebbero voluto diminuire piuttosto i pubblici pesi. Non cessavano però i borboniani dal dimandare sussidii d'armi, di gente e di pecunia; e tutto venne accordato dai Siciliani spontaneamente, o preso dal governo per forza.
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