Seppe anch'essa queste pratiche segrete l'Inghilterra, e si mise in punto di stornarle; quindi maggiori le sue intrinsichezze con la parte baronale e demaniale, e l'inviare che fece in Sicilia di un lord Guglielmo Bentinck in qualità di ministro presso la corte, e di generalissimo delle truppe inglesi. Giunse Bentinck a Palermo due giorni dopo l'arresto dei cinque nominali baroni. S'accorse tosto l'Inglese, e ne aveva anche avuto il mandato dai ministri di Londra, che a voler mettere salde radici nell'isola si rendeva necessario l'abbracciare a dirittura la causa dei Siciliani, dar favore alla parte che più a quel tempo prevaleva, e del rimanente sventare qualunque macchinazione si opponesse in quelle parti ai disegni dell'Inghilterra. Incominciò pertanto Bentinck dal dimandare la libertà dei baroni arrestati, e diè consigli perchè fossero annullate quelle disposizioni arbitrarie che avevano dianzi messo tanto mal umore negli animi dei Siciliani. Non ascoltato, se n'andò in Inghilterra per riferire e chiedere istruzioni; e quando tornò, il che fu nel settembre dell'anno 1811, s'accertò meglio dei tentativi di Napoleone, delle speranze da lui date alla regina, e della confidenza presa dai borboniani, che presto avesse a cessare quella preponderanza inglese nell'isola.
Due cose parevano ora suggerite a Bentinck dalla necessità dei tempi e dalla condizione medesima delle cose: rimuovere prima di tutto gli ostacoli che internamente si frapponevano al prevalere degl'Inglesi; dare poscia alle faccende civili e politiche dell'isola tale stabilità, che non avessero in avvenire a subire alterazione di qualche rilievo.
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