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      Partitosi intanto Ferdinando dal porto di Messina a' 17 di maggio, giungeva pochi dì dopo in Napoli, dove lo aspettavano feste ed allegrezze di popoli liberati, come taluni dicevano in corte, dal giogo soldatesco dell'usurpatore per essere restituiti al governo del legittimo re. Commise, partendo, la suprema potestà al figliuolo Francesco, lo stesso ch'era stato prima vicario, e da lui ora chiamato a suo luogotenente in Sicilia. Questo solo atto di assegnare di sua propria autorità l'uffizio di luogotenente, avvegnachè vietasse la costituzione siciliana al re di allontanarsi dallo Stato senza il consenso del parlamento, al quale riferirebbe intorno alla persona e modo di governare in sua assenza, era più che sufficiente per giustificare la decadenza di Ferdinando Borbone dal trono della Sicilia; ma i ministri, la più parte dei pari e dei comuni, e tutti coloro che avevano qualche ingerenza nelle consulte del regno, presi all'esca delle lusinghe di cariche ed impieghi più lucrativi, si strinsero nelle spalle, e lasciarono fare. Promettevano infin d'allora una maggiore arrendevolezza loro alle borboniche trame dell'anno vegnente, che distrussero in fondo quell'antichissimo e venerando statuto.
      Prima e principal cura del re, quando fu giunto in Napoli, quella si fu di riordinare lo Stato con forme e provvedimenti diversi dagli stabiliti precedentemente; disfare in gran parte gli ordini promossi dal decennale dominio francese, ed altri modificare in guisa, che più quasi non paressero quelli.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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