Infatti, avendo in passato gl'Inglesi fatto la Sicilia centro delle operazioni loro nel Mediterraneo, ed avendo similmente con l'autorità di cui godevano appresso al Borbone assicurato a quelle popolazioni le franchigie date nel 1812, si trovavano in certo modo vincolati dall'obbligo di farle osservare, e dovevano ora vegliare affinchè Ferdinando nelle sue deliberazioni non valicasse i termini fissati dalla legge; soprattutto non disfacesse quel monumento principale della libertà sicula. Due volte, nel 1799 e nel 1808, si erano dimandati ai Siciliani aiuti di favore, perchè la signoria dei Borboni mettesse buone radici nell'isola; e tutti, nobili e plebei, ecclesiastici e laici, poveri e ricchi, con lietissime voglie abbracciarono la causa della borbonica dinastia. Erasi domandato denaro per far le spese alla corte, perchè nè la real famiglia nè i cortigiani volevano in nulla rimettere della usata grandezza, e i denari prontamente traboccarono nelle mani dei ministri regii. Abbisognavano infine soldati per opporsi alla tirannide francese in Ispagna e in Italia, e la gioventù siciliana era corsa volonterosa ad iscriversi sotto le bandiere inglesi per una causa che non era la sua. Avevano dunque i popoli della Sicilia adempiuto con Ferdinando a tutte le parti di sudditi buoni e leali; con l'Inghilterra s'erano del pari mostrati alleati efficaci e fedeli; rimaneva che, come i ministri inglesi avevano dianzi contribuito a rimunerare la nazione siciliana con uno statuto liberale, e guarentito in certo modo al parlamento la stabilità delle reali promesse e degl'impegni contratti, così ora impedissero che quella disonesta violazione si commettesse.
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