Scossa in tal guisa, prima che disfatta, la costituzione siciliana, si pensò a darle l'ultimo crollo per mezzo dei tumulti popolari, che sempre si sogliono usare nei casi straordinarii a spavento dei buoni. Si provocarono perciò disordini in varie parti della Sicilia, qua pigliando a pretesto la causa tanto dai popoli affezionata della costituzione, là l'avversione in ogni tempo nutrita dai Siciliani verso i Napolitani, ed ora cresciuta per le usate nequizie a danno delle loro franchigie; dappertutto consapevoli o tolleranti le autorità; fra le quali il principe luogotenente rimaso al governo dell'isola, impotente a riscuotersi dai diletti in cui lo avevano a posta avviluppato i ministri siciliani per ambizione di comando, operosamente servito da Gualtieri e Ferreri, capi e principali indirizzatori di tutti i consigli, aderenti al re Ferdinando, alla corte, ai ministri Medici e Tommasi, ossequiosi al regio volere, nemicissimi allo statuto ed ai Siciliani. Questa tenerezza di Gualtieri e Ferreri verso la dinastia dei Borboni era poi talmente conosciuta in Napoli, che infin dal mese di agosto dell'anno 1816, vale a dire quando s'incominciò a far brogli in Sicilia per farvi scomparire la costituzione, ricevettero dal governo il carico di adoperarsi con ogni mezzo efficace, perchè il fatto accadesse secondo piacimento del re. In tale occasione giustificarono pienamente i due ministri anzidetti la fama che erano venuti acquistando di zelanti promotori del potere assoluto, anche con danno e disonore manifesto della patria loro.
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