Con tutto ciò, abbenchè fossero persuasi della inutile provvidenza di richiamarsi con le parole, non vollero nè anco starsene oziosi gli amatori delle libertà siciliane, sommamente sdegnati al vedere che la patria loro, da nazione libera e independente ch'ella era stata infine allora, diventasse ora non altro che una comune provincia napolitana, e che il governo di Ferdinando non contento all'avere usato ì brogli, le lusinghe e perfino le minacce per arrivare al suo intento, facesse ora sostenere nelle prigioni i più caldi partigiani dello statuto. Vennero pertanto istanze dai varii Comuni perchè si convocasse il parlamento, ed ai commissarii regii fosse tolta la facoltà di procedere in ogni andamento loro arbitrariamente ed assolutamente; ma tali querele furono rispinte, disprezzate; un Galasso, che aveva consigliato l'istanza al comune di Misilmeri, punito con tre anni di carcere; puniti similmente tutti coloro che fossero convinti di essersi adoperati con le esortazioni o con gli scritti, affinchè i comuni non lasciassero cadere questa occasione di far rimostranze contra il governo. Noi lo abbiamo già detto: oltre alle tendenze del Borbone, avverse naturalmente a qualsivoglia istituzione liberale, si opponevano alle ragioni dei Siciliani le napolitane voglie di sgomberarsi dinanzi quell'unico intoppo all'unità di potere e di leggi, ed al maggiore concentramento della sovrana autorità. Le accrebbe non molto tempo dopo independenza e decoro la partenza da Napoli dell'esercito alemanno, venuto l'anno 1815 al soccorso di Ferdinando contra Murat.
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