E nondimeno, come se il solo nome di quelle adunanze arrecasse fastidio ai governanti di Napoli, i consigli distrettuali della Sicilia non si convocarono mai, riuscirono i consigli provinciali a pura mostra di sommissione e compiacenza servile; tutta l'amministrazione concentrata nelle mani dei ministri, i quali da Napoli governavano la Sicilia per mezzo dei regii editti e degl'impiegati(36).
Travagliavano in questo mentre nel regno di Napoli le cose della religione. Infin dal 1799 erano nati gravi dispareri fra i ministri del re Ferdinando e quelli della santa Sede per certe ecclesiastiche pretensioni da cui i primi si volevano esimere con discapito della curia romana, in ogni tempo zelantissima mantenitrice delle sue prerogative. Querelavasi altamente Roma, perchè il re di sua particolare autorità, e senza nemmeno dimandare il beneplacito del pontefice, avesse alienato beni di chiesa e monasteri a profitto dello Stato, soppresso alcuni conventi creduti soverchiamente gravosi al regio erario, e non provveduto alle sedi vacanti dei vescovi per convertire in altri usi mondani le pingui rendite loro. Scusavano, a dir vero, tali insolite misure prese in Napoli, poco avanti la fine del secolo passato, la guerra imminente contro la Francia che allora si reggeva a repubblica, e i bisogni urgenti della finanza; poi le facevano parere, non dirò solo scusabili, ma giuste, i ragionamenti e gli scritti dei filosofi, e la particolare tendenza del re a volere in tutto francare i suoi domimi dalla soggezione verso Roma.
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