Le quali astute insinuazioni però non poterono tanto operare, che Ferdinando facesse pure le viste di voler calare agli accordi; ed anzi al pontefice su questa materia rispondendo, dichiarava(37): Sapersi per le storie delle età di mezzo, siccome a quel tempo prevalesse in Europa il sistema feudale, donde gl'innumerevoli feudi ecclesiastici e militari prelevanti dalla corona che li conferiva per rimeritare i servigi fatti o sperati, mediati o immediati; in tal guisa, via via crescendo le ambizioni e i bisogni, in un'epoca piena di costumanze barbare essere surta, solidata e dilatatasi la prosperità della chiesa, la quale poi inconcussa quanto al dogma, nelle temporali faccende erasi spesso conformata alle ragioni di Stato, e sottoposta a quelle variazioni che il tempo e la volontà dei principi avevano rese indispensabili. Ora, il nome a tutti odioso della feudalità per opera dei lumi del secolo e delle benevole intenzioni dei principi confederati essendo andato in disuso per l'abborrimento in cui era venuto all'intiera Europa, come potrebbesi senza un patente indizio di scandalo tollerare che il solo regno delle Due Sicilie, calpestando il frutto di tanto amore dei moderni filosofi verso la umanità, infetto ne fosse, e seguitasse a prestare omaggio di servitù? Il congresso viennese dalla cui saviezza emanarono tutte le odierne disposizioni di pubblico diritto, alle prerogative riconosciute inseparabili dalla santa Sede non avere per verità aggiunto quella di signoria sopra il reame di Napoli; bensì, queste pretensioni della corte romana andare soggette alle vicende politiche degli Stati, e acquistarsi o perdersi, dilatarsi o ristringersi, secondo che l'interesse delle nazioni lo esige, il secolo lo comporta, il decoro della maestà regia il consente, ed i principi, interpreti fedeli di quanto si conviene al bene dei governati, il credono necessario.
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