Lagnarsi Ferdinando, affermava il papa, ch'egli avesse riconosciuto a re delle Due Sicilie Giuseppe Bonaparte e Giovacchino Murat, da lui qualificati re usurpatori ed intrusi; ma quanto al primo si scusò Pio dicendo, ch'egli avea dovuto cedere alle dimande imperiose del fratello Napoleone, imperatore dei Francesi e re d'Italia, e d'altronde non avere potuto non riconoscere Giuseppe a re di uno Stato che allora occupava di fatto, e tanto vicino a Roma che avrebbe anche tentato di sommuoverla, ove il papa non lo avesse pubblicamente e senza restrizione alcuna riconosciuto; lui contuttociò avere espressamente dichiarato, riconoscere nel nuovo principe la qualità di sovrano di Napoli, ma non della Sicilia, divisa e diversamente costituita dal primo. Quanto a Murat, affermò Pio, ed era anche vero, che l'anno 1814 aveva gli fatto istanze accompagnate dalle più ampie promesse, se acconsentisse il pontefice di conferirgli la investitura del regno di Napoli, ma lui avere con molta fermezza ricusato; la stessa proposta avergli poi di nuovo mandata l'anno 1815, offerendogli ad un tempo la restituzione delle Marche, purchè solo ricevesse in Roma un suo ministro a fargli omaggio; la qual cosa aveva medesimamente il papa rifiutata per non dispiacere al Borbone. Ed ora a che parlarglisi, seguitava Pio vie più accalorato nel suo ragionamento, e a che citare gli atti del congresso di Vienna in una materia che tanto si dilunga dalle consuete? Da certi particolari provvedimenti di quell'augusta assemblea di principi non vedersi come possa risultare la generale abolizione della feudalità; ed oltre a ciò l'omaggio, di cui ora è parola, molto diversificare dagli altri che tanto prevalsero ai tempi di mezzo, nè i diritti della santa Sede poter soggiacere alle vicende di quelli, ripruovati ognora come pessimi abusi della feudalità e contrarii all'elevatezza ed independenza della corona; nell'ascendere al trono de' suoi maggiori il re, conformemente all'esempio trasmessogli da loro, avere giurato di prestare il censo e
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