Per tale compiacenza del Borbone perirono in Napoli i frutti di tante dotte lucubrazioni; vi acquistarono i preti una grande autorità nella direzione della pubblica istruzione, i vescovi una ingerenza non solo inusitata, ma anche assoluta in tutti i negozii civili, e videsi il clero rimesso in quel grado medesimo di potenza e di autorità, da cui lo avevano sbalzato lo sforzo degli uomini illuminati, la sapienza del secolo e l'imperio ognora crescente della ragione. Paolo Sarpi, Pietro Giannone, Gaetano Filangieri, nomi santi e riveriti nella storia, perchè di mente perspicace e vasta essendo, e di costumi puri e incorrotti, impresero di mettere un freno alle usurpazioni della corte di Roma sul dominio temporale dei principi. Ma era fatale, che tanto retto pensare, tanto eloquente scrivere, tanto profondo ammaestrare di un Sarpi, di un Giannone e di un Filangieri a fine di rendere independente la monarchia dalla soggezione verso Roma, per opera di un pontefice accorto, di un re pusillanime e di un ministro ambizioso, fossero indarno.
Siccome poi le concessioni novellamente e con tanta liberalità allargate ai tribunali ecclesiastici non avevano altro scopo che di sconvolgere la giustizia attualmente in vigore nel diritto pubblico di Europa, ed erano al tutto incompatibili con la sicurezza degli Stati, era assolutamente richiesto dalla potestà del governo napolitano, che si mostrasse almeno un sentimento franco e generoso di ricusarle. D'altronde, il solo consentire ai preti un fôro privilegiato da cui avessero autorità di far giudicare i laici nelle quistioni non sempre puramente religiose, era un insinuare ai popoli che il principe non fosse libero di sottrarsi a sì strane pretensioni nè di esercitare il comando in casa propria, e che gli ecclesiastici potessero in avvenire sforzare la mano ai magistrati.
| |
Borbone Napoli Sarpi Pietro Giannone Gaetano Filangieri Roma Sarpi Giannone Filangieri Roma Europa Stati
|