Frattanto apparivano in più luoghi del regno i funesti effetti delle conferite facoltà, dai preti usate superbamente, dal governo tollerate servilmente: già ciascuno in Napoli si aspettava di vedere commissari pontificii che invigilassero sulle azioni, sui detti e sugli scritti, ricercassero i sospetti in materie di religione, e facessero punire dalla legge civile chi in qualsivoglia modo offendesse le credenze cattoliche. Insoffribile poi a tutti riesciva la formola del giuramento prescritto ai vescovi ed inserito per disteso nel concordato, per cui non solo promettevano una illimitata obbedienza e fedeltà alla casa regnante in tutto che non fosse contrario alle leggi di Dio e della chiesa, ma si obbligavano ancora di denunciare alle potestà secolari qualunque congiura, trama o sedizione contro la sicurezza dello Stato venissero a sapere per mezzo dei loro aderenti e della confessione. Ciò mirava principalmente a distruggere le speranze dei novatori, ma ancor più ad allontanarli dalle pratiche religiose; e molti, che in proposito di governo assai largamente sentivano, pensando alla tristizia ed ai mali di quelle rivelazioni, trascuravano perfino le solite confessioni con danno delle anime loro, come spargeva nel pubblico la gente sciocca, ma certo con diminuzione della ecclesiastica autorità.
Le ire e le maledizioni dei Siciliani, gli sdegni e le lamentazioni dei Napolitani, s'erano venute accumulando sul capo dello spergiuro Ferdinando, e il cielo stesso pareva volerne ripruovare co' suoi giudizii le opere inique.
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