Lo stesso giorno in cui s'accordavano in Terracina le basi del concordato con Roma, s'incominciarono ad osservare nella Sicilia e nella vicina Calabria alcuni segni naturali da cui appariva, che una forte commozione della terra e del mare minacciasse di sconvolgere quelle sì belle ed amene contrade. Cessò nondimeno ogni apprensione il dì 20 dì febbraio; e già anzi gli abitatori delle due regioni, guardando a quella calma apparente della natura, si sentivano pienamente rassicurati; allorchè improvvisamente, prima di lontano e con sordo mormorio, poscia più da vicino e con fortissimo rombo, s'ode un continuato scuotimento delle più interne viscere della terra, e muggire orrendamente le terre più prossime al monte Etna, e rovinosi cadere al basso muri, case, edifizii, e quasi un intiero villaggio. Il terreno smosso e capovolto all'intorno mostrava in più parti il disordine del seguito rivolgimento; mentre in alcuni luoghi il mare infuriando ed uscendo de' suoi confini, allagava paesi e campagne. Poco sofferse Messina, molto Catania; crollarono e caddero chiese e monasteri, furono danneggiati palazzi e monumenti, perirono sotto le rovine uomini, donne, fanciulli, e chi non morì, rimase orribilmente malconcio nel corpo per le riportate ferite: grande lo spavento delle fuggenti popolazioni; immenso il danno in più modi cagionato dal tremuoto alle città, ai villaggi, ai terreni, alle misere genti. Ed al medesimo tempo si provavano quelle commozioni lungo le coste marittime della Liguria, massime nella riviera di Ponente, dove la sera del giorno 23 dello stesso mese di febbraio, spaventosi rumori seguiti da ripetuti traballamenti del suolo e degli edifizii costringevano gli abitanti di Oneglia a fuggirsene all'aperta campagna.
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