- Condanne del Santo Uffizio in materia di eresia, e leggi in proposito. - Mali umori che in breve si manifestano nelle popolazioni romane, e perchè. - Setta iniqua dei Sanfedisti. - In quali condizioni si trovassero l'anno 1820 negli Stati pontificii l'amministrazione, la finanza, la pubblica istruzione, le lettere, il commercio, l'agricoltura e i costumi. - Desiderii di riforme universalmente sentiti nello Stato romano.
Abbiamo narrato nel secondo libro, siccome tornato Pio VII dal suo esiglio di Francia, e fermatosi alquanti giorni a dimorare in Cesena, sua patria, avesse intanto spedito a Roma il prelato Rivarola in qualità di delegato apostolico, con ampia facoltà di ristaurare nella capitale ed in tutto lo Stato l'antico governo della santa Sede. Diremo ora il modo di quella ristorazione, ed i strani effetti che in breve ne seguitarono.
Rivarola, di patria Genovese, d'indole e costumi diverso, tristo, ignorante, maligno, inspirato nelle materie religiose dal fanatismo e dalla superstizione, nelle civili da un abbominio inveterato contro la dominazione francese, giunto appena in Roma, lasciò per alcuni giorni la città senza governo di sorta, affinchè uscissero dei loro nascondigli gli arrabbiati fautori dell'assolutismo, e provocassero la plebe alla riazione contra i partigiani del cessato governo di Francia, Sfogati i primi impeti dell'insanie popolare, ma non, tali nè tanti, che quel tristo potesse andar lieto di averli a posta suscitati, il prelato diede fuori un editto in data del 13 maggio, in cui tutto si palesava l'orrore alla memoria delle istituzioni che l'impero di Napoleone aveva negli Stati pontificii diffuse.
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