Queste intemperanze del delegato apostolico avrebbero infine potuto partorire funestissime conseguenze negli Stati pontificii, se non le avesse raddolcite, da un lato la speranza di migliori provvedimenti di governo all'arrivo del papa, che da tutti si diceva imminente; dall'altro, la certezza che principale indirizzatore de' suoi consigli sarebbe il cardinale Consalvi, e Consalvi dai Romani era tenuto in conto, se non di liberale, almeno di ministro ammaestrato dai tempi, savio e dabbene. Non passarono infatti molti giorni che Pio VII fece il solenne suo ingresso in Roma. Le feste e le allegrezze furono molte e diverse; parte inspirate dall'amore che si portava alla persona del pontefice, e dalla compassione alle passate sventure di lui; parte ancora comandate da chi in quella occasione volea farsi strada agli ufficii ed agli onori futuri; tutte però degne del sublime concetto di un popolo da più secoli avvezzo alla grandezza dei trionfi, e della magnificenza di Roma.
Dalle città, dalle campagne, dalle vicine province, e perfino dalle estreme parti dello Stato, accorreva gente d'ogni età, d'ogni sesso, d'ogni condizione per vedere e venerare il pontefice tornato dall'esigilo di Fontainebleau; l'uomo, a cui aveva dovuto inchinarsi e negli accordi seguiti consentire quasi la vittoria la smisurata potenza di Napoleone. Erano le vie porte e le finestre delle case ornate a magnifica festa; sventolavano da ogni parte fazzoletti in segno di gioia; plaudivano migliaia di voci ad una volta al pontefice commosso.
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