La storia ha già pronunziata la sua sentenza in contrario. Tornava papa Pio VII in Roma forte della memoria della sua resistenza a Napoleone e della venerazione in cui lo tenevano i monarchi confederati d'Europa; la qual cosa pareva a prima vista conferire novello splendore al papato, ed accrescere l'ammirazione del mondo al capo medesimo della cristianità. Ma così non era. Fedeli alla missione loro di custodi e protettori delle ragioni del debole oppresso dal forte, i papi di un altro tempo scendevano arbitri in mezzo alle battaglie che si combattevano per l'acquisto di una terra o per la vendetta di un'offesa non bene definita; s'interponevano mediatori di concordia fra il prepotente signore del castello e l'umile schiavo delle sue terre, fra il condottiero di schiere accorrenti alla distruzione ed al saccheggio, e le province minacciate dallo straniero; intimavano ad arbitrio paci, tregue, accordi e condizioni; alzavano chiese ed altari a rifugio e sicurtà dei perseguitati; blandivano anche con parole di carità e di sommissione l'ira indomita del trionfatore. Non usi ancora a stringersi in lega cogli oppressori delle nazioni, siano essi cattolici o scismatici, purchè forti ed armati, talvolta a dividere con loro sui campi insanguinati il prezzo della vittoria e levarsi a grandezza propria sulle rovine altrui, i più fra i papi di quel tempo assai migliore del nostro, sdegnavano i beni e gli onori caduchi della terra per meritare la corona immortale dei cieli; non facevano privilegio di personaggi nobili e denarosi i sommi gradi della chiesa, nè con loro dividevano esclusivamente oro, potenza ed abusi; non prendevano i frutti delle fatiche del povero per dissiparli nelle magnificenze di corte e nelle ricompense a disonesti cortigiani.
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