È questo un punto capitale che sorgerà principalmente e quasi unicamente dalle nostre riflessioni sul governo della ristorazione di Roma.
Per poco che si voglia guardare alla storia dei papi e di Roma dal 1814 in poi, apparirà chiarissimamente, che il congresso di Vienna, da cui sperava il mondo dovessero emanare tanti esempii di umanità e di giustizia, più nocque forse che non giovò al risorgimento del papato in Europa. I principi confederati non ebbero in quella occasione altro pensiero da questo in fuori, di puntellare saldamente i loro troni con l'apparato imponente della forza materiale ed il soccorso della religione: quindi, veduto il papato uscire trionfante dall'ultima lotta sostenuta contra Napoleone, ed anzi sottomettere alla sua autorità il suo potente rivale già fatto più morbido dalle disgrazie di Russia; veduti al tempo stesso coloro fra i potentati europei che più dissentivano da Roma nelle opinioni religiose, prima recarsi a gloria di dimandare la liberazione del papa dal carcere di Fontainebleau, mandargli di poi particolari loro ambasciatori ad onorarlo nella sua capitale, ed insistere perchè un suo delegato sedesse nel congresso di Vienna a trattarvi gl'interessi della santa Sede; essi, che non penetravano nell'intima sostanza delle mutazioni da più anni avvenute nella intelligenza dei popoli, parvero credere ad un nuovo trionfo della Chiesa maggiore di quello che aveva un tempo riportato su Costantino, e fecero pompa di somma reverenza verso chi comandava dall'umile sua cella di Roma a tante opinioni, a tante coscienze, ed a tanti milioni d'uomini legati da una sola fede nelle più lontane regioni del globo.
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