Rammentava in proposito le onorevoli espressioni di ossequio mandategli a gara dai sovrani riuniti in congresso a Vienna, ed in sè medesimo se ne compiaceva, non come di una sterile mostra di onore alla sua persona, ma come di un'arra sincera di giorni migliori alla chiesa. Santi e venerandi concetti! Ma come uomo, Pio aveva parimente le sue miserie, le sue passioni, le sue debolezze, e fra queste quella di venerare profondamente la sovranità temporale dei papi, e di tenere almeno per sospetta di eresia qualunque innovazione mirasse a correggere l'autorità che gli era stata affidata. L'aveva in pregio di cosa trasmessagli direttamente da Dio, di un deposito sacro a cui non gli era concesso il toccare. Nè questo solo; ma la riteneva indispensabile a conservare e glorificare l'altra sua autorità spirituale: errore questo perniciosissimo; avvegnachè le cose celesti non abbisognino propriamente per meritare la venerazione dei popoli del soccorso delle terrestri, e possa benissimo, senza che sia minacciato di prossima rovina l'edifizio della religione, separarsi lo scettro dalla tiara. Ma considerazioni siffatte, che forse un tempo potevano gradire al vescovo d'Imola, non gradivano ora certissimamente al successore di san Pietro; ed anzi accadendogli (come infatti più d'una volta gli accadde) di dover biasimare ne' sudditi qualche atto o opinione avversa alla spirituale potestà del papa, subito a Pio sommamente commosso e suscettivo cadeva l'animo addolorato, e per poco quasi non ripruovava la promessa delle concessioni amministrative, ascrivendo a studiata o ingenita baldanza di molti quello ch'era talora casuale irriverenza di pochi.
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