Il cardinale Rivarola, al quale turbavano i sonni gli allori insanguinati del cardinale Ruffo, uno de' più ardenti promotori e protettori loro (41).
Erano per tal guisa intorno all'anno 1820 negli Stati della Chiesa, il principe ed il suo principale ministro buoni, volenti, operosi, e gli agenti del potere avversi, ritrosi, solo instancabili nei fatti e nei discorsi a suscitare contrarietà alle riforme operate. Erano similmente molti buoni miglioramenti introdotti, ed altri lungamente e sempre indarno aspettati; molti abusi tolti, ed altri tollerati o promossi; molte pessime costumanze abolite, ed altre novellamente prodotte; pensieri molto elevati e independenti, e paure che li guastavano o troncavano a mezzo; principii sani, mezzi lenti ed incerti; desiderii incontrastabilmente pronti e benevoli, opere tarde e inceppate; timori certi, speranze niune o pochissime; governo di casta e quasi di feudo, pieno tuttavia di privilegi, di eccezioni, di arbitrii, sordo alle voci che da ogni parte si levavano a gridarlo impossibile nel secolo nostro di civiltà, di sapere e di progresso.
Non rifiutavasi in Roma protezione alle arti belle, perchè da loro non temono i governanti incitamenti a tentativi politici o novità pericolose allo Stato; ma le lettere confidate generalmente a gente ignorante e fanatica, perchè maestre d'ogni civile insegnamento, ed i buoni insegnamenti minaccia tremenda e perpetua alla stabilità dei troni. Perciò v'erano in Roma e nello Stato scuole, collegii, università e professori; ma ridotta l'istruzione alle astrattezze teologiche e alle dispute dogmatiche, scarsi e mutilati i libri, e preti e frati deputati dal governo a spiegarli all'inesperta gioventù italiana; bandite dalle cattedre romane, o vana suppellettile di chiesa, le scienze che istruiscono e abbellano la mente, la filosofia, l'economia sociale, la storia, l'erudizione, che indaga attentamente e deduce le sue conseguenze da' fatti.
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