Con pari risolutezza, sebbene con qualche maggiore temperanza nelle parole, forse per non dare occasione di risentirsi al governo di Francia, si espresse Pio contro l'altra decisione del congresso, di spogliare cioè la santa Sede e consentire che altri si approprii le antichissime sue possessioni di Avignone e contado Venesino; non mancando specialmente di affermare, che per tali smembramenti avrebbero gli adunati in congresso dovuto determinare un giusto compenso o una tal quale soddisfazione alla sedia di Roma.
Ma se il papa scapitava da un lato, avvantaggiava però le sue condizioni da un altro; imperciocchè si accordarono gli augusti alleati, che il re Ferdinando di Napoli sarebbe tenuto a rimetterlo in possesso dei due principali di Benevento e Pontecorvo, dei quali era stato il papa spogliato dalla dominazione francese. Sentì, per verità, il Borbone non poca molestia da questa nuova tenerezza dei confederati verso la santa Sede; ma posciachè non era in poter suo l'opporsi con la forza alle loro deliberazioni, si risolvette a mostrare buon viso alla fortuna, sperando di ottenere migliori concessioni da una trattazione diretta con la corte di Roma. Parevagli che, siccome le menzionate terre erano proprietà napolitana per sito, così ancora esser dovessero per dominio, e mandò offerendo al sommo pontefice compensi in denaro, se consentisse a cedergli le sue ragioni sopra i due principali in controversia. Ma Roma stando costantemente in sul tirato, ed in ciò ostentando una durezza insuperabile, ricusava di ammettere come possibile un aggiustamento, a meno che il re non si mostrasse disposto ad accordarle in cambio una uguale porzione di territorio verso gli Abbruzzi.
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