Ebbero pertanto i principi italiani pienissima autorità d'inviare a Parigi speciali commissarii a farvi valere le ragioni che potessero avere, e ricondurre alle sedi loro le mal tolte ricchezze dell'arte.
Mandò il papa l'insigne scultore Antonio Canova e l'abate Canova, fratello di lui, perchè vi dessero opera al ricuperare e prontamente spedire a Roma le opere della pittura e della scultura; ebbe monsignor Marino Marini, prefetto allora degli archivii vaticani, da Pio VII e dal cardinale Consalvi l'onorevole incarico di sopravvegghiare la restituzione degli oggetti spettanti agli archivi romani, massime codici manoscritti, libri stampati, medaglie, ed altre siffatte anticaglie. Mandarono, il granduca di Toscana il senatore Giovanni degli Alessandri e l'egregio pittore Benvenuti; il re sardo, incaricato per il Piemonte e Genova l'avvocato Luigi Costa. Fu commissario pel ducato di Parma e Piacenza un Poggi, nativo di quelle contrade, e dimorante allora in Parigi; per l'Austria nessuno Italiano, ma soli Tedeschi ebbero il carico di riportare a Milano e a Venezia i sommi pregi dell'arti greche ed italiche(42).
La principale difficoltà in ciò consisteva, che i Francesi s'ingegnavano sempre a mettere in mezzo nuovi trovati e cavilli per restituire di quei nostri capolavori il meno che potessero, stringendosi anche intorno ai commissari con loro querimonie e moine; e questi avevano dalle corti loro il preciso mandato, non di lasciare, ma di riportare dalla Francia tutto che avevano i suoi soldati involato all'Italia.
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