Il concordato adottato in massima e come preliminare in Roma l'anno 1817, non fu preso in considerazione a Parigi prima dell'anno vegnente, allorchè, essendo già grande l'ansietà in tutta la Francia, perchè se ne conoscevano le basi più principali, si aspettava che fosse presentato nelle debite forme alle Camere legislative. Il re ordinò a' suoi ministri di esaminare attentamente il concordato, discuterne prima in particolari riunioni le singole parti, e dipoi proporlo alle Camere, adoperandosi eziandio perchè vi fosse ricevuto senza grande opposizione. Si fece allora più manifesta la generale ansietà, tanto più che il reame era internamente agitato da timori provocati da continue riazioni; a questo intanto i più influenti dei Francesi risoluti, d'impedire con tutte le forze loro che risorgessero nel loro paese a danno e spavento dei liberali le prerogative di Roma e del clero.
Era cosa innegabile, che il governo imperiale aveva in molte occasioni arbitrariamente trattate le materie religiose, ora operando senza il consenso del papa, ora richiedendolo di certe concessioni che la sua coscienza ripugnava ad accordare: quindi trovarono i Borboni al loro ritorno in Francia parecchi vescovi non per anco riconosciuti dalla santa Sede, e parecchi seggi vescovili vacanti per la sospensione o il formale rifiuto delle bolle necessarie alla installazione. Luigi XVIII e i suoi ministri desideravano quanto ai primi, che si trattasse un accordo particolare con Roma, il quale senza compromettere l'onore delle persone e della nazione, oviasse a scandali maggiori, e le trepidazioni dei cattolici più timorati facesse tosto scomparire; desideravano quanto ai secondi, che presto si riempissero, anche con quella convenienza che potrebbesi migliore e maggiore.
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