Risultò da tutte queste manifestazioni, che il governo di Francia nella opposizione dei giornali e delle Camere credette di scorgere il principio di violente commozioni nocive alla sicurezza della dinastia e del trono, se persistesse a far adottare l'accordo seguito colla santa Sede. I più infatti confidavano, che non mancherebbero gli oratori più eloquenti e coraggiosi della sinistra d'insorgere a nuovi contrasti parlamentari, e che opponendosi in quelle discussioni al tentativo della corona, manterrebbero illesi i diritti e l'onore della nazione. Per la qual cosa, parecchi ecclesiastici più elevati in grado e più pratichi delle faccende di questo mondo, consigliavano di rinunziare per ora a nuovi sperimenti che potessero compromettere la regia autorità; Roma stessa, la quale ha per massima di non precipitare le risoluzioni, quando il farlo può riuscire di danno alle sue mire e a' suoi interessi, rallentò le insistenze per la pronta sanzione del concordato; i ministri, desiderosi ad ogni modo di preoccupare il passo a pericoli maggiori, persuasero al re di dismettere il pensiero di vederlo nel reame di Francia così presto accettare e seguire; il monarca, prima sollecito, ora dubbioso, assentì; la intiera Francia respirò; la stampa applaudì.
Mentre occupavano i Napolitani le Marche, l'anno 1814, ed al tempo dell'ultima loro invasione in Italia nel 1815, avevano parecchi uffiziali dell'esercito introdotto le pratiche della carboneria, tanto nei distretti da loro occupati, quanto nelle vicine Legazioni.
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