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      Anche qui si arrestarono i capi più conti, e 13 di loro dannati nel capo; ma l'imperatore fece a tutti grazia della vita, ed a ciascuno di loro in particolare commutò poi la pena di morte in quella più mite del carcere.
      Erano appena chetati i disordini di Macerata, che, correndo allora il medesimo anno 1819, un altro accidente non meno del primo pericoloso minacciò di turbare la interna sicurezza dello Stato pontificio. Infestavano le campagne del dominio napolitano e romano alcune bande di malfattori, là uomini piuttosto nemici al regio potere per diverso sentire, che alle popolazioni per inclinazione al rubare e all'uccidere; qua intenti a spaventare i paesi e ad infestare le strade cogli ammazzamenti e i ladronecci, e col fare d'ogni erba fascio: poco del resto curando costoro d'informarsi dei provvedimenti governativi, solamente badavano a porre in sicuro le ricche prede, a pensare ogni giorno nuovi modi di ruberie, e a non lasciarsi sorprendere dalla vigilanza delle autorità. Il governo di Napoli, vedendo insufficienti le forze proprie e le altre assai più numerose e fedeli dei Tedeschi a spegnere le comitive, ebbe ricorso all'astuzia, e fece trattati con loro, come se le componessero, non gente di mal affare ed infesta alla quiete dello Stato, ma rappresentanti di una potenza pari, forte in sull'armi. Quasi tutti giurarono obbedienza e sommissione al governo; pochi, che non osavano confidare la vita loro alle promesse dei borboniani trovate solamente per guadagnar tempo alla vendetta, lasciate celatamente le terre napolitane, e ricoveratisi su quelle della vicina campagna di Roma, ingrossarono colà le bande compagne dei facinorosi.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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