Ma se i popoli pativano, e miseramente per la fame, le febbri e la ferocia dei lupi travagliavano, i principi dal canto loro sentivano il bisogno di ricreare la mente in passatempi e viaggi; i ministri profondevano la pecunia del pubblico per trovare nuovi mezzi di accrescer loro i diletti. Visitava l'anno 1816 l'imperatore Francesco d'Austria le ricuperate province d'Italia; ed in quella occasione ordinò ai suoi fedeli popoli del Veneziano e della Lombardia di offerirgli insieme un dono volontario di sessanta mila fiorini, che sono in tutto più di 700 mila delle nostre lire; però sotto condizione espressa, che le sue fedeli popolazioni non gli dimanderebbero in cambio nessuna grazia. Abbenchè quelle infelici terre abbisognassero meglio di soccorsi che di nuove gravezze, fu forza nondimeno obbedire all'imperiale comando, ed offerire a sua maestà il dono volontario. E già quei paesi gemevano sotto il peso della orribile malattia, e la gente si nutriva d'erbe crude e moriva di fame per le vie, che l'umanissimo imperatore, il cuore paterno del quale fu mai sempre sollecito della felicità de' suoi sudditi, pensava a farsi nuovamente marito; l'avaro duca di Modena a vendere a caro prezzo le sue puzzolenti e pestilenziali farine; il conte Borgarelli, ministro per gli affari interni del Piemonte, ricusando spietatamente l'invocato sussidio dei grani alla Savoia, ostinavasi a dire, che quelle buone popolazioni non avevano fame, e che la tanto lamentata magrezza non altro era in sostanza se non se un artificioso trovato dei liberali per disordinare il regno, e turbare la quiete del re.
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