Invenire aliquid eorum, quae non dum inventasunt, et quod notum, quam occultum esse
praestat sit scientiae opus, et votum.
IPPOCRATE, De Arte
PROSA PRIMA
L'AUTORE, AVVERTITO, CREDE ALLA JETTATURA
Sí che mi avete fatto venire il prurito di abbatuffolar concetti, ed a rompicollo mettermi a schiccherare. Non sono due giorni, un mio e vostro amico mi ha portato il libro della Jettatura. L'ho divorato come gli affamati fanno di un boccon di pane. Lo credereste, mio signor D. Nicola?(1) «Mirai appena, e tosto il furor presemi», né piú, né meno. A misura che mi sono avanzato nel leggerlo, m'ha sentito muovere nelle viscere un vespaio, ed invaso non so da qual estro come un matto ho gridato nella mia stanzettina: «Sí Signore, avete ragione: è cosí, è cosí senz'altro».
Volete sapere come mi è avvenuto? appunto come a quegli Arabi che, passati negli accampamenti di Pompeo, stordirono alla veduta de' torreggianti padiglioni. Non avevano quegli nella fantasia che ombre di querce, di abeti, di frassini; quando piú i torridi raggi sferzavano le inospiti foreste, non ricorrevano, per ristorare le aduste fibre, che ai verdeggianti ripari; or vedendo diversità sí grande, presi da meraviglia, qua e là gettavano i rapidi sguardi, per la qual cosa disse il Poeta:
Ignotum vobis arabes venistis in orbemUmbras mirati nemorum non ire sinistras.
Non credete, pertanto, che volessi dire essermi venuto affatto nuovo il vostro argomento. Mai no. Una volt'anch'io leggeva, e leggeva daddovero; cosí non l'avessi fatto, che non mi troverei canuto prima del tempo, e vuota la borsa all'in tutto; basta, io so quel che mi dico.
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