L'argomento è vostro: seguendo io l'istesso, non fo che ripennellare la tela, ed a guazzo gettarvi, come per azzardo, nuove riflessioni e capricci. I raggi, dopo ravvivati gli esseri mondani, vanno di nuovo a perdersi nell'immenso seno del luminoso pianeta. Queste riflessioni uscite, come da voi, a voi stesso in altra foggia ritornano, e come le scarse acque all'immense si uniscono, cosí questi ai vostri pensamenti si accoppiano.
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CAPRICCIO I
Non è già la Jettatura
Una larva, una chimera,
Come l'uomo si figura,
Cui fa notte pria di sera;
È reale, e l'ha provatoUn insigne letterato.(2)
Noi sentiamo in tutte l'oreIl valor di tale agente;
Spesso mancaci vigorePer colui che c'è presente,
E talora se ci guada,
Ritrovandoci per strada.(3)
Quel che piú fa meraviglia
È vedere che la sorteVolgan anche colle ciglia,
Se le fan severe e storte,
Questi marci forsennatiJettatori sciagurati.(4)
Vedi tu che dalla graziaDel Sovran cade colui?
Forse credi la disgraziaProvenir da fatti sui?
Non è ver, la ria cadutaDa quell'occhio è provenuta;(5)
Da quell'occhio che ripienoDi furor invido e rio
Cogli sguardi di velenoQuell'oggetto ricoprio,
Onde gito al Re d'innanteLi divenne disgustante.(6)
Quel mercante sen va giú,
Piú non frutta il suo negozio,
Che provenga, credi tu,
Dal volersi stare in ozio?
Non è ver, non è cosí:
Jettatore lo colpí;
Collo starvi sempre a cantoIl veleno l'attaccò,
E passando per il mantoFin nel seno penetrò,
Diffondendosi pe 'l core,
Tolse a lui spirt' e vigore.(7)
Ecco là quel letterato,
Nella polve sta sepolto,
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Jettatura Sovran
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