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      O curvae in terra animae, et caelestium inanes!
     
      Chi ardirà confinare fra stretti limiti la natura? Chi vorrà essere cosí stolto di credere tutto spalancato a' suoi piedi? Chi potrà negare finalmente il flusso e reflusso del mare, l'attività del fuoco su de' corpi, la tendenza della calamita al ferro, l'affinità de' liquori, l'esistenza del moto, le precipitazioni, le fermentazioni nelle misture, cento e mille altre cose che osserviamo, sperimentiamo, tocchiam con mani, e ne ignoriamo le cagioni? Qui siam d'accordo, mio caro amico, e lo siamo a meraviglia. La brevità della nostra mente non ci lascia penetrare gli abissi ne' quali è la natura involuta. Noi ci troveremo sempre:
     
      Com'uom che per terren dubbio cavalca,
      Che va restando ad ogni passo, e guarda.
     
      Vi ricordarete voi, mi ricordo io, e questi barbagianni che negano la jettatura, D. Paolo Moccia nostro concittadino. Egli si equilibrava cosí bene nell'acque marine, che dalla sola natura guidato galleggiava nel mare come un sòvero. Voi senza dubbio avrete letto del Colapesce, nato nel Molo piccolo, e come altri vogliono in Messina: a detta di Alessandro d'Alessandro, era stato dalla natura formato colle squame sulla pelle a simiglianza di pesce, per la qual cosa detto fu Colapesce. Or questi faceva de' lunghi viaggi per mare senza mettervi alcuna industria o arte; guizzava appunto come i pesci. Vi morí finalmente nel Faro di Messina, divorato, come dicono, da fiere marine. Quanto se ne dové dire allora! Quanto se n'è detto in questi ultimi tempi!


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Capricci sulla jettatura
di Gian Leonardo Marugi
pagine 79

   





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