Voi al certo me la menarete buona, ma que' grugni propri da effigiar ne' bronzi mi manderanno a mattarelli. Poter di Satanasso! Colpir l'aria, far cadere la gragnola, accendere i fulmini, far venire a diluvio le piogge! Cose sono, che chi non ha sperienza de' naturali effetti rotondamente me le niega su' mostacchi. E dovrò dire con Omero:
Polüdàmsasmoi protos elegcheìen anathèsei («Fra quei, che taccia mi daranno e biasmo, / Certo sarà il primier Pulidamante»).
Non vi curate sapere chi sia costui; è meno di quei che voi chiamaste sorci, tignuole nella Repubblica delle lettere, è uno di que' saccentuzzi, che con poco capitale far vogliono una ricca comparsa, e forse... chi sa! uno di quei che me la stanno a jettare.
Ma torniamo a noi; dico adunque che questi maledetti jettatori scompongono fino i cieli a nostro danno. Permettetemi che saltassi fuori colla musa di Giambattista Marchitelli:
Io non vi narro qualche iperbole; anziCosa vo' dir, la quale ha faccia, è vero,
Di quelle che si contan ne' romanzi.
Ma è certa, com'è certo che l'intiero
È maggior delle parti ultime o prime,
E certo ancor ch'il sanguinaccio è nero.
Udite che mi avvenne nel penultimo viagio, che io feci da Manduria, mia patria, o come vuole uno de' nostri piú distinti letterati,(54) da Mandorra, per la Capitale.
Veniva di compagnia con un cavaliere leccese mio amico(55) Tutto ci era propizio, benché nel cuor dell'inverno godevamo quasi una novella stagione. Giunti appena in Ordone, notissima osteria, e memoranda a' viaggiatori per l'empio trattamento che ne ricevono, c'imbattemmo in un frate, che ho scoperto dapoi vero jettatore.
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