Se vi guardan fiso fiso,
E vi jettano col riso,
In quel punto lenti lentiVoi mostrate tutti i denti.(112)
Se poi viene un susurroneE lodando vi scompone,
Presto il pollice volgeteSotto l'indice, 'l tenete
A lui ritto ritto in facciaSin che parti, ovver si taccia.(113)
Vi son poi de' mascalzoni,
Asinini e farfalloni,
Che ronzando sordi sordi,
Benché sian de' piú balordi,
Col parlare lor bestialeFar ci vogliono del male.
Questa razza non si cura,
Che non è da far paura:
Sono certi bricconcelliScimuniti e buffoncelli,
Ch'ad un colpo di bastoneSi fan stare a discrezione.
Ecco dunque, passo passo,
Che siam giunt'in faccia 'l sasso,
Ho vuotata la bisaccia,
E uop'è ch'adesso taccia.(114)
Scusi qui, chi s'è turbato,
Il mio gusto depravato.
AL BENIGNO LETTORE
In un guazzabuglio d'idee, dove niun ordine si è osservato, recar non vi deve maraviglia, cortese lettore, se io, contro la costumanza comune, venga a voi in ultimo a parlare. So molto bene il luogo che vi convenga, e so ben anche qual rispetto a voi debba lo scrittore. Ma in una produzione dove la penna è scorsa a guisa di fiume, senz'accorgersi mai del cammino se non quando è giunt'al termine, non poteva per voi occuparsi prima di pervenire alla meta. I Capricci che vi ho presentati non dirò, com'è solito di dire, che scritti furono ad oggetto di sollevarmi nell'ozio. Non conobbi sin'ora momento in cui dir mi potessi abbandonato a me stesso: tempo cosí felice è concesso a coloro che non vengono da jettatori guardati: io che lo sono, pur troppo, non l'ho provato giammai.
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Capricci
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