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      Chi tanto presumesse, s'avrebbe le accoglienze medesime che quel povero Macrino, «spolpato e giallo pei sofferti stenti Fra libri, calamaj, fogli e lucerne,» il quale tanto si querela nel sermone del Gozzi, Sul gusto d'oggidí in poesia:
     
      . . . . . Oh, di qual tomba anticaFuggì questo di morti e fracidumi
      Tisico lodatore? - udii d'intornoZufolarmi, ed il suon di larghi intesi
      Sghignazzamenti, e vidi atti di beffe.
      N'andai balordo: e di saper qual fosseBramai di nuovo la poetic'arte,
      Di cui mal chiesto avea forse ad Apollo.
      Seppilo in fine. Poesia novella
      È . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
     
      Quel che sia, non importa ora vedere; basta impetrare benevola indulgenza a questa poesia vecchia, che si ripresenta quasi per postumo desiderio di allegrarsi ancora una volta del sole d'Italia.
      Sono Sermoni e Rime, secondo l'usanza del buon tempo antico; sono libere versioni di poeti stranieri; sono soggetti «di poema degnissimi e di storia,» o ristretti nella tranquilla regolarità d'una novella, o presentati nei loro episodi principali con altr'e tante liriche inneggianti ad una delle più alte e più gentili idealità umane.
      I Sermoni parvero, de' generi poetici che il Massarani trattò, il più confacente all'indole di lui. Assennatamente, urbanamente, un po' sermonò sempre. Annotando il suo sermone Domeniche d'Agosto, e ricordando gli orgogli di un buon vecchierello custode del Palazzo Ducale di Venezia, egli soggiunse: «E' ci raccontò l'aneddoto con quella cara e inimitabile arguzia veneziana, che a noi non vien fatto di ricordare se non col desiderio.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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