Versi d'amore, pochi; e di quell'amore ch'egli sentì veramente profondo, e seppe confondere perpetuo con quello della patria e dell'arte: nella sussistenza del suo amore, sono tre amori, quasi tre giri di tre colori e d'una contenenza. Chiedeva, che Amore gli apprendesse la fede dei forti, «Amor che scorge ad alte cose accenso L'alme gentili e i popoli concordi.» E le fantasie della sua primavera, che verdeggiò nei tempi preistorici di Pio IX, ancora lo circondarono, quasi con accorata gentilezza, quand'egli si diede ad evocarne i profili dalle memorie di un morto. Amò - così - la Donna, «che quasi viva face Schiara la vita e la può far men fella;» e amò la patria, e amò l'arte. Della patria seguì le fortune, scortandola dalle latomie della servitù ai fastigi del Campidoglio. Durante la occupazione militare, sotto gli occhi della polizia austriaca, sono gli stornelli dell'amante paesano, che dice alla sua bella: «I' non vi voglio alla franzese, Mi piace il guarnellin del mio paese;» o, peggio che povera e tribolata, la piange serva:
- Vo' non sapete il peggio, o tristo amante,
Era massaia, e diventò bracciante,
Vo' non sapete il peggio suo martire,
Era padrona, e le tocca servire.
Povera Lena mia, chi vi conforta?
Prima che serva, oh vi sapessi morta!
O sono gli stornelli de' fratelli divisi e avviliti dalla fortuna:
Eramo tre fratelli, e la fortunaCi volse l'un dall'altro sparigliare:
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pensar che siam lontani tanto tantoNoi che s'era compagni al riso, al pianto!
| |
Amore Pio IX Donna Schiara Campidoglio Lena
|