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Eramo tre fratelli, e siamo un core;
Oh chi ha rimedio pel nostro dolore?
Il rimedio venne: venne con Vittorio,
Ei venne, ei venne, e il glorïoso varco,
Dome de l'Idra le fumanti strozze,
Tra i liberati popoli s'aperse,
Però tenne invocato il regio incarco,
Roma i baldi sudar lieta gli terse,
E Italia madre benedì le nozze.
Venne con Garibaldi,
Eroe più forte e Cavalier più buonoChe il forte Alcide e il buon Ettore e Atlante.
Oh, gloriosa leggenda garibaldina anche nelle Rime di questo vecchio poeta! Perchè, all'eroe, hanno potuto negare la pietà del rogo? Almeno,
. . . se placar giovi a' profaniLa sua grand'Ombra disdegnosa e fiera,
Come ad unico altar degno dei Mani
Veleggino alla sua forte Caprera:
Rizzin gigante sulla spiaggia un masso,
E staglino un leon nel vivo sasso.
Ma no; egli non è morto; egli non muore:
Ancor freme nei petti, ancor ribolleIn ogni alto desìo che s'infutura:
Tomba non sa chi nome ha Garibaldi.
Così volgessero all'Italia propizie le sorti, come i suoi grandi fattori sognarono ed augurarono un giorno! Non ne fu lieto, negli ultimi tempi, il Massarani, che tante delusioni e tante apprensioni chiuse in quei versi della vecchiezza, che ci affidò inediti o raccogliemmo dispersi, e parchi aggiungeremo alla postuma raccolta de' Saggi poetici di lui.
Più rari sono i lamenti e i rimpianti in quelle Rime, ch'egli stesso raccolse coi Sermoni: v'è più vivo orgoglio di ricordi, conforto di speranze. E, fra ricordi e speranze, passa gloriosa l'arte d'Italia.
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