La lieta fortuna, che, non ostante il ristretto numero delle copie tirate, incontrò «l'opera grande e bella,» sedusse il Massarani a tentarne un'altra, in cui ancora s'ammirasse «il fenomeno di una idea germogliante nell'istesso cervello e dall'istessa mano sotto doppia forma, e per due vie rivolta a tentare le latebre del cuore;» ed egli verseggiò, documentò, illustrò con disegni, l'Esmea.
Preso a tema un episodio storico del secolo xvii, compì un lavoro d'arte, d'erudizione e di fantasia; lo corredò di centoventicinque disegni suoi da riprodursi con la incisione in rame; e di documenti inediti, cavati dagli Archivi di Stato di Venezia, Firenze e Pisa, e dalle Biblioteche Ambrosiana e Trivulziana di Milano.
Sarebbe stato disposto a sostenere in proprio il grave dispendio della edizione, e a donarla al Collegio Regina Margherita di Anagni per le orfane de' maestri elementari, quando fosse stato sicuro che il Collegio medesimo potesse cavarne un profitto corrispondente. Onde, aveva già divisato di far promuovere dal Collegio, ad esclusivo beneficio di esso, una sottoscrizione di trecento quote da cento lire cadauna; assicurata la quale, sarebbesi impresa la costosissima edizione a tutte spese di lui.
L'Esmea - qualunque ne sia stata la ragione - non ebbe l'edizione vagheggiata; e se ne rammaricava spesso l'autore, che della sua migliore genialità credeva d'aver dato saggio nei canti e nei disegni, e della erudizione più varia e coscienziosa nelle note e nelle appendici. Al generale di Cesnola, che nel 1900 era venuto a vedere il suolo natio, e un dì sfogliava col Massarani i molti disegni dell'Esmea, maravigliandosi che tutto ciò giacesse sepolto, «Caro generale, - diceva l'autore - non siamo in America nè in Inghilterra: strisciamo sui detriti di un gran popolo latino.
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