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      Mentre il pavon superbo in su la rivaLa pavoncella insegue che se n' fugge;
      E quale, allor che muggeIl vento, e vien le nubi in fuga a porre,
      Tal corre a furia, correSu per greti e per forre
      Rapido il cervo insieme a la sua damma,
      Come li porta dilettosa fiamma;
      Paura no, chč in questa selva piaVa ciascuno a talento; e non sarėa
      Chi, pių crudele d'iperboreo Geta,
      A belva mansuëtaNoja osasse arrecar, non che tormento.
     
      Ecco, qua ecco quellaDolcissima gazzella
      Ch'io dicevo dïanzi; e una donzellaSiede non lunge, e il mento
      A la man bianca e dilicata posaTutta in sč pensierosa.
      O sariano mai desseDe l'indostān poema ancor le stesse?
      Questo dirvi non so. So che leggiadreAmendue sono, e l'una e l'altra č madre.
      L'una al caro poppante allegra porgeL'agile fianco; e volge a l'altra amico
      Il musetto sottil. Ma se n'accorgeUn putto pių, che dentro a certi vinchi,
      Pensile culla a poveretta prole,
      Giocondo e clamoroso a l'aere apricoDondola intanto e ride,
      Forte spingando dei gagliardi stinchi.
      Non ha, non ha paroleLa madre afflitta; e forse ancor l'offende
      Freccia crudel, che quando l'aria fendeIncoccata da Amor, bada a ferire,
      E il di pių lascia ire,
      Men curïosa assai de la dimane.
      Ma se le spalle infideAltri volse a costei,
      S'ella, sė come par, da sera a maneCon ciglio il cerca lagrimoso e intento,
      Deh il core a lui deh tocchiUn Nume, e spetri l'arida memoria:
      Deh torni, ed a l'istoriaLieto corso apparecchi e fausto evento.
     
      E tu Gentil, se liceSperar che porga orecchio a' versi miei
      Madre lieta e felice,
      Tu apprendi, o cara, a compatir pietosa


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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