Ogni mesta ch'è madre e non è sposa.
NIGRA SED FORMOSA
NIGRA SED FORMOSA
NIGRA SED FORMOSA
Gentil capraja del siriaco lido,
Della qual suona ne le sacre carteSì forte ancor l'affettüoso grido,
Non è del mondo cristïano parteChe assai non sappia dell'amor tuo fido
Novelle in ogni lingua al mondo sparte:
Ma chi 'l nòcciolo vuol del mito antico,
Ascolti quel che in tenui rime io dico.
Nè già per questo me ne aggiusti fedeCh'io punto l'idïoma arcano e morto
O sappia quel ch'altri divoto crede:
Ma perchè il senso natural m'ha pôrtoTal, ch'è de' meglio e più dottori erede
Ch'abbian nel fondo de l'istorie scorto;
E ragiona di questo e di quel libroDa interprete maggior d'ogni calìbro.2
S'ingegni, cui la reverenza vietiD'intender per lo verso umile e piano
Quel che fu scritto al tempo de' Profeti,
S'ingegni di salire al senso arcano:
Io lascio le ragioni a' Logoteti,
E mi sto pago al buon racconto umano;
Che, dando la vittoria a chi la merta,
Mi par che sia moral della più certa.
Dunque vo' che sappiate, Amiche, Amici,
Che in Sulemme leggiadra una fanciullaEra a' fratelli sparagnini e sbrici
In conto, o poco meglio, d'un nonnulla:
I cari dell'amore anni feliciSpender le tocca da servetta, e frulla;
Ch'or mena al pasco l'oste sua caprigna,
Or cuoce al Sole in vigilar la vigna.3
Ma ancor che fatta un po' bronzina e rancia,
Non è del corpo suo forma più bella:
Porpora il labbro, melogran la guancia,
Mano e piè di regina e non d'ancella;
E il sen che d'ambe parti si bilanciaUn par somiglia di ritonde agnella:4
Son l'altre a lei come le spine a' gigli,
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