Pastor mio dolce, al tuo bocciuol di rosa!»9
E ancor che Soliman, da vecchio saggio,
Non chieda lì per lì baldi trofei,
Torna ella sempre a ricantare il MaggioDell'amor schietto e de' gentili omèi:
«Quel ch'è, dentro a roveto irto e selvaggio,
Il fruttifero pomo, e tal tu seiFra i garzoni, amor mio: sederti a l'ombra,
Pascer vo' il frutto che tua chioma adombra.»
Si disfoga il suo genio, e: «Udite, udite!
- Sclama - del mio diletto ecco la voce:
Ei viene, ei vien, s'appiatta in su l'usciteD'in fra le damme il cavriuol veloce;
E: Sorgi, dice, o bella mia; finiteSon col verno le pioggie; a' piè del noce
Tuba la tortorella e il fior già spunta:
Ecco, stagione di canzoni è giunta.10
«Le gemme tenerine il fico arrossa,
La vigna in fiore il suo profumo esala;
Sorgi e vieni mio ben, varca la fossa,
Orza da l'alto, palombella, e cala;
Fa che de l'ali tue vegga la mossa,
Fa che senta il fruscìo dolce de l'ala;
Fa che miri il tuo volto e la mia vita;
Vieni, colomba; la vigna è fiorita.»11
E all'ora che il calor posa, e si stendeLunga l'ombrìa sul padiglion del Sire,
E poscia che la notte ha le sue tendeAllacciate sul mondo, e che a dormire
S'acconcia e lena ognun così riprende,
Non dorme ella, non posa: e a lo squittirePrimo del gallo, certe imposte ha rotte,
E s'ingegna a fuggir di mezza notte.
Errando va per le deserte vie,
Cerca trivii, angiporti, e curie e piazze,
Mira i sergenti a le notturne ombrìePiantar le scolte ed iterar le tazze:
«Vedeste - chiede - le speranze mie?»
E quei ridendo: «Va, bruna, a le pazze!
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Soliman Sorgi Sire
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