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Ma poco va, che nel suo ben s'avviene,
E se lo serra al petto, e stretto il tiene.12
«Vita m'hai reso, o fidanzata cara,
- Tuba il garzone - è dolce il tuo fïatoPiù che cinnamo, nardo, e miel di Mara:
E, quel che più mi giova, è sigillatoIl fonte, e l'acqua del giardino è chiara.»
«Entra - mormora l'altra - ei t'è sagrato!»
E quei, che tanta sorte non gli scampi,
Coglie il suo miele, e beve il latte a lampi.13
Ma qual s'innalza al ciel nuvola d'oroSu dal deserto in lucide colonne?
Più balsami non ha, non ha tesoroDi valsente maggior Tersa o Sionne:14
Cinto di prodi sul purpureo toroL'eletta Soliman de le sue donne
Mena in trionfo, e in capo ha la corona:
V'inchinate, fanciulle! Arpa, risuona!15
Però, quïeta può mai strider fiamma?
Vigila il cor, se dorme la pupilla:
E quando il cavriuol torna a la damma,
Bene costei si pèrita e gingilla,
E biascia: «Ho mondi i piè, posai lo sciamma...»
Ma, come quei di fuor l'uscio titilla,
Corre a la toppa... Ahimè! Sparve l'amante,
La man ch'ella ritrae tutta è stillante.16
Stilla di mirra lutulenta: e l'ecoDe la voce che ancor suona, di senno
Trae la meschina, onde s'affretta, e secoMescer l'orme sperando, ove già dènno
A lei noja i sergenti in l'aër ciecoGl'intoppa. - «Che più vai, spirito menno?»
E di botto coi pugni le son sopra,
Nè le resta mantel che la ricopra.17
«Suore di Gerosolima pietose,
Se trovate il mio cor, ditegli voiChe dileguan d'amor queste sue rose:
Egli è bianco e vermiglio, e a' labbri suoiPèndon come colombe peritose
Le mie brame, il mio senno. O che più vuoi
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Mara Tersa Sionne Soliman Gerosolima
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