Striscia col moccio de le sue lumache
Un'età ch'ogni Idea calca sotterra.
IN ROMA PATRIZIA
IN ROMA PATRIZIA
IN ROMA PATRIZIA
Donna, gli è gran mercè s'ombra è rimasaDel tempo, che dicevi: Io son Romana;
Mi piace, unica lode, stare in casa,
E filar lana.
T'erano intorno poche ancelle, e antiche;
Del fato, parean dir, ci contentiamo:
Penelope a le sue diceva: «Amiche!»
Tu: «Lavoriamo!»
Però il dì che la mala signoria,
Lubrica serpe, profanò il tuo tetto,
Mostrasti a Roma e a libertà la via:
T'apristi il petto.
Corse ne' Volsci e più nel mondo il grido,
Quando, prosteso al capo tuo canuto,
Depor l'ire vedesti il duce infidoPallido e muto.
Fosti madre de' Gracchi: i tuoi figliuoliUniche gemme; e preferisti al serto
Pianger su l'urna che agli eroi consoliL'atrio deserto.
Deh perchè al forte vincitor su l'ormeCon le opime ricchezze e la bipenne
Cruenta di civil guerra deforme,
L'insania venne?
Là dove altari Pudicizia aveaE da mano gentil perpetue rose,
Contaminati i tuoi talami, o Dea,
Mercan le spose.
Onesta un giorno a cittadino aurigaEra, e ad atleta cittadin palestra,
L'arena: or di venal sangue la rigaPunica destra:
Ora vil bestïario entrar de' Grandi
Clandestino la soglia, e vede ignudeIl Tevere agitar cori nefandi
Patrizie e drude.
Invan d'argento laticlavi e d'oroE mal presaghe porpore e corone
A l'antico ridur grave decoroTenti, Catone.
Tardi colui che il tuo gran nome portaScote d'Asia le piume e si dissonna:
Con la sorella sua, l'ultima è mortaRomana donna.
Cesare ov'è? Lo san tue stanche braccia,
Giunia Servilia, in tal figliuolo incinta
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