Presso il mio seggio.
«So che sei bella, e il petto hai bianco e sodo;
So che fluente hai più di me la chioma:
T'accosta orsù, ch'io le trafigga a modoQuelle tue poma...
«Vaga rugiada ecco han di sangue. Or, lesto!..
Che fu? Strabuzza gli occhi... È morta, o sviene?
Il fatto è fatto. Penseranno al restoPoi le murene.»
L'ALBA DEL SIGNORE
L'ALBA DEL SIGNORE
L'ALBA DEL SIGNORE
Delia, che pensi? Ride aprìca intornoLa villetta amorosa:
Nitidissimo il giornoChe sorge, a mano a mano
L'alte vette, i grand'alberi, i sacelli,
Le mura antiche e gli archi,
Fin quest'erma che ancor negletta e mestaRiposa, ùmile terra,
Pare che allegro varchiE del suo bacio imporpori e suggelli,
Come ardente amator novella sposa.
Ecco, il Sole si destaAd altra e nova e più gioconda guerra:
E te volendo aver de la sua festa,
Ne le guancie di rosaChe gli nascondi invano,
Di giovanezza il primo fior saluta.
Perchè Delia, perchè sì trista e muta?
Non sei libera, il so. Pur la tua sorteDi molte ingenue è invidia,
In questi dì che a inonorata morte,
Se a Cesare talenti,
Cittadino non è che il capo alteroSottrar presuma, od a peggiore insidia.
Schiava il nome ti dice: amico il coreDe la signora tua dice: Sorella!
Fama è che un giorno, quando cadde ancellaGrecia disfatta da la sua desidia,
E il macedone re, fior di valenti,
D'orrida cella a sostener l'insonneVigilia si träea.
Di cotanto signor prole infeliceIgnudo nato sforzasse il littore
Del Fôro a le colonneUn giovanetto a gir sotto il suo pugno,
Al Sole alto di Giugno
Miserando spettacolo e a le genti.
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Sole Delia Cesare Sorella Fôro Sole Giugno
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