Dalle serene fronti,
Che a le materne roveriLibate e a l'alme fonti:
Dal cristïano atletaNon isperi mercè
Cui non sia legge e mètaIl crisma del suo Re.
Ei giunge, ei giunge: i popoliDa l'Elba al Garigliano
Sentan, sigillo ai placiti,
La ponderosa mano:
Cesare e Piero han vinto,
Caddero indarno i pro':
Sovra Adelgiso estintoRoma fatal parlò.
Pur, d'Orïente ai fulgidiSoli temprato, un Forte
Contende al novo Cesare
Le glorïose porte:
Le porte che dischiuseFanno a l'estremo dì
Soltanto a quei le Muse
Che il latte lor nudrì.
Harùn, te pur le folgoriSeguìan di campo in campo:
Ma del tuo genio ai posteriAssai più ride il lampo
Allor che intorno assisiAl moro novellier,
Scendere dagli Elisi
Veggono il tuo corsier.
Spianato la fulmineaFronte e il superbo ciglio,
Ecco dei carmi al sonitoPieghi a gentil consiglio:
Inno d'amor s'intuoni,
E assai de l'armi più
Trionfi de' tuoi doniL'insolita virtù.
O come guatan rigidiD'intorno al franco Sere
Quei catafratti Barbari
Il genïal scacchiere!
Sovra i protesi velliCome de l'ore il suon
Suscita in quei cervelliNovissima tenzon!
Dove non vinci? al Sàraba
Già il tuo lëardo beve:
Or come di Bisanzio
Presso a le porte, il breveStadio contendi, gioco
De' suoi garretti al vol?
Qual turbine di focoTi stermina dal Sol?
Non io de l'oro il tinnitoNon crederò che muto
Di tanta preda rendereIl desiderio acuto
E discacciare in bandoSapesse un Saracen:
Altro è il poter che il brandoSospeso ti rattien.
Bella, gentil, magnanima,
Di quella Atene pegnoChe già d'Aspasia e Pericle
Rinfervorò l'ingegno,
Fra cento eletta al soglio
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