Non del Sepolcro suo corri a l'acquisto,
Ma straniere a cercar per lidi ignotiPiù gioconde bellezze, e ne fai tristo
Il dì che nacque a la tua sposa, e i motiDel core che fu tuo, crudo, condanni
Più che a morire, a vivere d'affanni.
«Perchè almen non consenti che a lo Speco,
E non in groppa, no, ma a piè discalzi,
Per vepri e spine anch'io venga con teco,
Sul medesmo cammin, di balzi in balzi,
Nè stanchi già d'imbelli pianti l'eco,
Ma il non pusillo cor tacito innalzi,
E lieta e pia di candide preghierePropizii la vittoria a le tue schiere?»
Così 'l duolo sfogava, e de le bracciaAvvinceva ad un tempo il giovin prode:
Bene il fàscino sente che lo allacciaFulberto, e la vocal dolce melòde;
Pur fiero ed incrollabile ricacciaIn petto il gran cordoglio che lo rode;
E «Pazïenta - dice - o mia delfina,
In Orïente io ti vo' far Regina.
«Non sai ch'Eraclio Conte e Nerovegio
E Guillermo e Radulfo e Sigifredo,
Li quali io tengo in vilipendio e spregio,
E di lor arme assai più ceder credoA la mia, che quest'essa al nome regio,
Saliti in su l'arcion primieri e vedoGià corrermi dinanzi a cento stadi?
Fa che a l'onor più che a la vita io badi.
«E come mai d'asperrimo vïaggioNudrir pensiero, o Donna mia gentile,
Se al tuo portato prezïoso il maggioDi Provenza tua dolce, ahi non la vile
Turba compagna, e non il duro assaggioSi convien di tant'opera virile?
Il serba il serba, o donna, a la corona,
E al grido che de' prodi alto risuona.»
Ma per ch'io non vo' far di vostra grazia,
Donne leggiadre, troppo gran sciupìo,
Vi basti che tornò d'amaro sazia
| |
Sepolcro Speco Orïente Regina Eraclio Conte Nerovegio Guillermo Radulfo Sigifredo Donna Provenza
|