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      Ch'arabo eroe frenò,
      Tale in marmoree veneL'araba sesta osò
     
      Arco gentil, che ignotoArtefice addentella
      Come fu vista il lotoIside Iddìa frangiar,
      E di mëandri abbellaChe le Peri intrecciar.
     
      Alterna il facil il mirtoCol nobile cipresso
      Ombre al sognante spirto,
      E di perenne umorIl murmure sommesso
      Molce a' gagliardi il cor.
     
      Laggiù sorride al MaggioNel mite assiduo Sole
      Che verecondo un raggioManda per tenue vel,
      Ravvolta in auree stoleCrëatura di ciel.
     
      Arbitra ell'è, SignoraDi Principe canuto,
      Ell'è la bionda Aurora,
      Fiore del basco suol,
      Pende dal suo salutoE l'esultanza e il duol.
     
      Ma nell'umor giocondoDe l'alta Favorita
      Virtù non seppe al mondoCotanta breccia aprir,
      Quanta la grazia arditaDel fulvo scriba Amir.
     
      Con che timon la barcaMeni costui ne l'acque
      De l'Aremme, il monarcaConfessa che non sa:
      Ma fatto è ch'egli piacque,
      E in alto assai ne va.
     
      Da gramo studentelloStesa ha sì ben la pania
      Che salse a onor d'anello,
      Poscia a grande Cadì:
      Andonne in Mauritania,
      E vincitor n'uscì.
     
      E come il buon fu mortoPrence, e col suo consiglio
      Il Principin di cortoAl trono eletto fu,
      Non pensò Aurora al figlioScôrta devota più.
     
      D'oro potente e d'armiLa man per tutto ei stese:
      Un buon mastro di carmiInciampo al suo poter
      A tôr di mezzo imprese,
      E polve il fe' giacer.
     
      Ahi, ti bisogna Aurora
      Patir l'odiate nozzeCh'egli avrà strette or'ora
      Con Azma sua gentil:
      L'ali n'avrai tu mozze,
      Aguto in cor lo stil.
     
      Del tuo figliuolo a tôrreDi man lo scettro ei prende:
      Or nomasi Almanzorre,
      L'Eletto del Destin;
      Camminan le sue tendeD'Iberia in sul confin.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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