In sul confin d'Iberia
Cammina la sua stella,
Fa di città maceria,
Zamora il sa e Leon,
Il sa di Compostella
L'orribile tenzon.
A riparar t'affretta,
Donna, ad asil men crudo:
O dar la prole elettaAl talamo fatal
Vedrai Sancio e Bermudo
Cristian sangue real.
Ahi di che strani agguatiSi piace ognor Fortuna!
Più di te cara ai Fati
I posteri dirànDiràn la schiava bruna
Che piacque al tuo Sultan.
Costei là di Zaìra
Nel magico giardinoIn faccia a lui sospira
Per l'ospite Visir:
Tratto è il Visir dal vinoGl'infausti amori a dir.
Cavar la scimitarraVeggon l'eroe feroce,
Poi del perdono in arraLa fronte serenar,
E man pietosa e voceAd amendue drizzar,
Dicendo: «O ancor diletti,
Poichè de l'amorosaFiamma ne' vostri petti
Cotanta è la virtù,
All'amator la sposaIo non contendo più.»
Sovrasta, o no, la gloriaA' malefatti suoi?
Deciderlo l'istoriaSaputo ancor non ha;
Se interrogar la vuoiQuesto soltanto sa:
Che un dì, tornando alfineDa tante gesta altere,
Disse, già bianco il crine:
«Gregario alcun non è,
Non è ne le mie schierePiù misero di me.»
ESTÁ ENCENDIDO
ESTÁ ENCENDIDO
ESTÁ ENCENDIDO
Sempre tormenti? E il floridoSentier che il piè gentile
Preme di donna amabileNel suo giocondo Aprile
Non temi di perpetuiVepri e d'infande larve attraversar?
Sol di temprati gemitiL'aura che dolce spira,
Nè sai d'altra percotereCanzon la tarda lira
Se non di tal che lùgubreAscoltisi per l'ombre rintronar?
- Non me, non me, santissimoCensor, ma il Fato accusa,
Se il Vero, ovunque insegualoLa sconsolata Musa,
A lei ritrosa e suppliceNefarie scelleranze a pinger dà.
| |
Iberia Leon Compostella Sancio Bermudo Fortuna Fati Sultan Zaìra Visir Visir Fato Vero Musa
|