Vergogna nuova, che già intendo e sterno?
Più scoverta non v'ha, più rara ed altaPalma d'onor, che a noi non sia diffalta?
Che più val se fe' in riva a lo Scamandro
La dell'armi terrene impavid'Ilio
Rediviva il magnanimo Alessandro?
Che, se più bella assai Plinio e Virgilio
Nel cieco de l'età basse mëandroLa tenner desta, e nel latino esilio?
Il glorïoso, in Dante nostro, Ettorre,
Pur ci viene Lamagna invida a tôrre?»
Ma in quella ch'ei dicea, tacito a rivaOve Tòdaro e Marco ergon le penne,
Cinto, il come non so, di luce viva,
A gittar gaffe un navicel se n' venne:
Spianò la faccia alteramente schivaSorridendo il nocchier, nè più si tenne;
E per lo bujo alto gridò: «Salute,
Madre seconda de la mia virtute!
«Là del Baltico avaro in su la spiaggia,
Fanciullo un dì, tra nordiche leggendeNon mi presi d'amor per la selvaggia
Saga natìa, sì per quel Sol che accendeDal lido äonio ogni uman petto, e irraggia
Quanto per lo Infinito si distende:
Pur che pro de l'amor, se al caldo ingegnoTu non eri, Venezia, esempio e segno?
«Per te seppi che il regno ampio de' ventiTesori aduna a chi lo solca audace;
Del traffico per te seppi i valentiSpiriti maritar con quella face
Che mi traea fra le sepolte genti:
E qual d'inclito imperio e d'alta paceFésti San Marco un dì giocondo e altero,
Sì 'l cenere esultar fec'io d'Omero.»
Stette, e al modo che suol tra 'l popol morto,
Fatta del suo mantel rapida vela,
A' duo fu presso in un balen. - «Vi porto,
- Disse - fratelli, d'onde ancora anelaIl mio pensiero a glorïoso porto,
Voce d'eroi che i forti animi inciela:
| |
Scamandro Ilio Alessandro Plinio Virgilio Dante Ettorre Lamagna Tòdaro Marco Baltico Sol Infinito Venezia San Marco Omero
|